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Lo spettacolo è un doveroso omaggio a Pier Paolo Pasolini nel centenario della nascita. «Si tratta – spiega Giordana – di una cernita (che non ha certo l’ambizione di dire tutto) nell’immenso opus pasoliniano. Sono stato un ragazzo contemporaneo di Pasolini. Lo annoveravo tra i maestri da venerare. Insieme a lui ce n’erano altri: Sciascia, Calvino, Moravia, Eco, Bobbio… ma Pasolini era il preferito. Non tanto per la continua vigilanza sui temi del giorno, quanto per la passione e l’imprevedibilità nel trattarli. Senza contare il cinema, senza contare la poesia, dove ritrovavo le stesse provocazioni, gli stessi stimoli. Quanta rabbia in lui a scrivere, e quanta in noi a leggerlo. Il suo era un grido di battaglia che avremmo dovuto raccogliere per fronteggiare il declino, anziché trattarlo come un visionario jettatore. Più che la desolata rappresentazione dell’Italia che non c’è più, mi colpisce oggi quanto fosse per lui necessario consumarsi e mettersi a repentaglio, addirittura fisicamente, per poterla decifrare e descrivere. Qualcosa che non riguarda solo l’intelligenza pura, ma il corpo. La carne, il sangue. Il testo di questo nostro PA’ – conclude Giordana – cerca di dar conto proprio di questa sua disperata attualità».
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